20 Aprile
1945
L’ultima nuvola di fumo nera nera
in alto assetata di colori
da sola spazia e s’inciela dopo il grido
silenzioso.
Un grumo di dolore già da qualche settimana
lascia una prova: una lista per la Croce
Rossa.
Accompagnano la cenere dispersa
nomi, età, nazioni e strazianti foto
di trapassato orrore.
Lettere da ricomporre il mattino poi
raccoglie
nella bolla della vita
stracci e giochi pochi
recisi col sorriso
di chi un passo avanti ha fatto.
L’aria intorno uno strano odore
amaro ha e incide nomi
e ancora nomi sulle pietre bianche.
Non c’è delitto perfetto.
Questa strage anomala
lacera ancora anno dopo anno e
cerca nel filo del vento
di memoria il filamento
e volge un pensiero al tempo
lontano dalla gioia e
l’alfabeto dell’AMORE
tra farfalle e rose bianche
lascia la traccia della Rimembranza.
Surcis
Goldinger
Nei giorni di primavera da qualche parte
vicino al luogo del camino i fiori sono
giallo intenso
e là intorno tante farfalle smarrite
seguono
i lineamenti dell’ombra che la mia cenere
ha fissato in terra.
E’ l’ombra di quaderni mai scritti
mai lanciati in aria per giocare.
Puoi leggere il tormento del mio essere
guardando il mezzo volto della foto?
Afona la voce spogliata della gioia
ha chiesto aiuto e attende ancora una
risposta.
“Forse ci sarà la mamma” dissero
svegliandomi
e invece una corda m’aspettava
e quello mi ha appeso alla parete come un
quadro.
Se puoi
immagina la vita che avrei voluto vivere
tieni per me un posto nel tuo cuore
scrivi il mio nome su una pietra
e sappi che ogni volta che la tocchi
mi doni una carezza.
Mania Altman
Quel giorno la luna è impallidita
aprendo il gran gala in una cella buia
ad uno ad uno ci hanno fatto fuori.
Ho visto i loro occhiacci
ho sentito il peso di quel corpo addosso al
mio
che ridendo mi appendeva al gancio.
Perché mio Dio hai permesso questo?
Alla svelta di notte ci portano di nuovo al
campo
e usciamo tutti in fila dal camino
in una lunga scia.
La mia manina accartocciata è ora un’ombra
che cerca d’afferrare la mano della mamma.
Oggi quando vai a sederti a tavola a
pranzare
e senti strombettare le posate
ricorda che volte avevo i crampi della fame
neanche briciole di pane mi davano i kapò!
Ero la più piccola del gruppo e non sapevo
scrivere
le mie parole capriole in aria intrise di
dolore
fanno ancora piangere per me le stelle.
Blumele Mekler
Vorrei raccontare la mia storia
ma non riesco a dare voce alle emozioni
forse Shifra spera ancora d’incontrarmi
prega e cerca il mio volto tra i bambini
dell’asilo che il mio nome porta.
A 16918 è il tatuaggio mai inghiottito
dalle scintille nel camino dove il
girotondo
ha fatto con quello di Surcis e di Lea.
Il fischio del treno che ad Auschwitz ci
condusse
lacerò ogni mio sogno strappò la gioia
dalla mia carne.
Persi per sempre la mia dolce sorellina
nascosta da alcuni contadini ha continuato
a vivere.
Lelka Birnbaum
La mia anima è nel sogno che si perso quella notte
quando i latrati dei cani tatuarono il silenzio.
Salendo per le scale piano piano
puoi asciugare le mie lacrime e consoli
afferrandolo lo spiraglio della mia allegria.
Le vampe di quel giorno
con pazienza potrai ricostruire
con la farfalla della mia memoria.
Il mio sogno sulle pure ali di neve rivive
in un balletto che respira il canto dell’amore
e la tua città
trasforma rinfrescando l’aria.
Tocca l’azzurro cielo dei miei occhi!
Sono uscita lentamente dal camino
e finendo tra rovi e sterpaglie
le ho trasformate in rose variopinte.
La mia cenere sembianza di un Angelo
cercando la mamma ha toccato la punta di una penna
e un cuore ha chiuso la follia di un cerchio.
H. Wasserman
Era il calar della sera
mi ritrovai ammassata in un cortile
insieme a tanti tutti infelici
e l'odio mi ha fatto volare via.
Ero solo una bambina di otto anni
e in quell'infausta notte le fiamme
nel camino portando me hanno inghiottito
le parole e la salsiccia della mia fiaba preferita.
Ricordi dolorosi e strappati dal tralcio del mio nome:
Hana? Helga ?Heba? Hedvia? Hedia? Che importa?
Ero un dono di Dio
ero la gioia dei miei cari
ero la voce di Dio.
Ero.
Il mio nome in un lampo nel buio è scomparso
e tu vorresti ritrovarlo nel vuoto?
Vorresti leggere i miei pensieri?
Ti interessa sapere se avevo delle belle trecce?
Le mie intime lacerazioni, le mie paure
i miei sogni sono rimasti avvinghiati al filo spinato
nella plumbea atmosfera invernale.
La cenere uscita dal camino
ha urlato nel vento
ha spezzato una farfalla rosa
ha affidato il mio tutto
a una sola foto.
Straziante.
Ero.
Ora sono un parco ad Amburgo.
Ruchla
Zylberberg
Ero
una dei Venti. Ricordalo!
Era primavera
e non riuscivo a muovermi.
Arrivò
il rintocco della morte nell’oscurità
e nel Silenzio il mio cuore solitario
comprendeva
l’ingiusta lacerazione
la
crudeltà subita.
Scartata
in un istante la mia vita.
Papà
non ce l’abbiamo fatta!
Sai ad Auschwitz ci portarono e
all’arrivo
persi ogni traccia di mamma ed Ester.
Quella
stessa notte il fumo del camino
scrisse
nel cielo muto i loro nomi!
Io
non lo sapevo e invano nel campo le
cercavo!
Guardavo
quel dipinto a Birkenau
volevo
le mie bambole e le mie fiabe
volevo
andare in bici spensierata
e
mangiare il dolce con le noccioline
e i semi di papavero.
Cercavo
un punto fermo
un
pensiero cui aggrapparmi.
Un
giorno vidi una ragazzina passeggiare
cercava
erba da mangiare e là vicino
al
filo qualcuno le passò qualcosa.
Lei
sicuramente è viva lo sento nel mio cuore
allegra
e spensierata in bici non è andata
cresciuta
troppo in fretta col numero tatuato
oggi
scrive forse ricette appetitose in un
blog!
Riwka Herszberg
Nell’inverno che già passa
orme di fame e di dolore
nella neve gelida lascio
e una macchia rosso tulipano.
Una montagna di corpi martoriati
e la mia grigia nuvola di fumo
è ancora una tenera lettera d’amore:
”Mamma ho fatto un passo avanti per vederti!”
Freddo e preciso l’ordine
scendo dal camion e svestita
in tutta fretta
nella cantina sotterranea
tutti i sogni alla morfina lascio.
Poche le leggi dell’Orso
alto il conto da pagare
con quel passo avanti
e restano pochi ricordi nel ritmo
superbo di una cavalcata.
Sein Bild:ich weih’s.
Un passo avanti
e l’odio lacerante m’appende al gancio
e nella cenere il mio nome scrive.
Passati sono gli anni
oggi mi ricordi
e nella quiete del Cielo
sale insieme alle farfalle
e leggero vola
un palloncino bianco.
Lea Klygerman
A16959 una lettera e cinque numeri
non per gioco impressi sul mio braccio
facevan girotondo con la sofferenza.
Chiudendo gli occhi nel silenzio della
notte fredda
e buia sentivo il profumo dei biscotti
della mamma e del sapone da bucato
che con il suo sorriso mi son mancati
tanto.
Mi apparsa implorandomi di esser forte
di non piangere e che gioiosa presto
sulla soglia di casa mi avrebbe accolto.
Ho sognato di giocare a casa col mio cane
di guardare l’album di famiglia
di lanciare in aria la mia trottola
di abbracciare la mia mamma e
giocare a Himlbet con la cordicella.
Cosa posso raccontarti adesso?
La mia storia di bimba lontana da casa
che geme e grida di dolore e attende
di vedere ancora la sua mamma.
Jacqueline Morgenstern
Volevo semplicemente abbracciare la mia mamma
con lo sguardo traboccante di cuore tanto grande.
Ero entrata nell'adolescenza piena di sogni
ogni volta che guardavo il Cielo
cercavo un cavaliere per il valzer
nella costellazione.
Poi la svolta e la casa di Parigi
trattenne ogni mia gioia.
Sciupata ogni bellezza con la brutta svolta.
Orribile avventura? Incredibile?
Non ci son parole: tu noi puoi capire.
Giunse infine il momento dell'addio
del commiato senza abbraccio
senza sorrisi e consolazione.
Solo ieri sognavo giocando con le bamboline
di tenermi stretta stretta alla mia mamma.
In questo buio senza stelle un altro inganno:
"Venite, svelti, forse ci sarà la mamma!”.
Eleonora Witonski
Un barlume di vita compimento e limite
potrò dirti addio mamma?
E il bacio della buonanotte?
Volevo vederti e Roman contento
mi ha convinto e abbiamo fatto
il passo avanti dell’inganno.
Tutto quello che non potremo fare
sarebbe stato importante
i nostri sogni appiccicati ancora
nella nostra stanza
a casa e poi sul treno
le bamboline sul mio letto
non c’era tempo nella fretta.
Con un tonfo son rimasta a terra
come raccontare l’inquieta sofferenza?
Solo la trottola ora piange
bruciando nella vecchia stufa.
Mamma lo prometto non saremo un’eco
sotto le stelle indifferenti.
Si è spenta in questo infausto giorno la mia vita.
Loro gli aguzzini ora pronti a festeggiare
ubriachi si addormentano e colpa
a colpa alla loro vita aggiungono.
Rimorso? No! Il silenzio li proteggerà.
Un giorno poi li inseguirà un giornale
qualcuno alzandosi scoprirà tutto e le nostre
foto troveranno e tante prove nel baule.
La scia infinita del fumo e della cenere
attirerà le pietre abbraccio silenzioso
di fanciulli e ancor fanciulli nelle scuole
e il fragore del ricordo
d’inchiostro e di farfalle
nelle strade l’aria addolcirà.
Roman Witonski
Quante partenze con l’illusione di fuggire
dall’Inferno.
Il lager ha pietrificato i miei pochi ricordi
immagini frammenti appesi al cappio di una crudele
follia!
Ascolta il mio interiore silenzio
ho valicato il limite
vissuto in
pochi mesi sospeso
chiedendomi il perché di tante privazioni.
Che fine hanno fatto le mie foto
le mie cartoline e la mia locomotiva?
Stufo dei miei giochi volevo pattinare
quando fuori c’era la neve fresca
un tempo da lupi!
Un giorno vennero a prenderci
sputando sulle stelle gialle.
Non vorresti crederci, vero?
Il mio è stato un viaggio senza ritorno
e nessuno ha cercato di salvarci!
Ero insieme a mia sorella!
Forse d’ora in poi sarai tu
a riscattarmi dall’oblìo
e darmi quell’affetto che con monelleria
potrà avverare in te i miei desideri.
Marek James
La gioia di ritrovar la mamma
fu si grande per il babbo
ma presto fu vana la speranza
d’incontrarmi e con una foto han
siggillato il gran dolore nel cuore.
Non riusciva a dare voce la mamma alle emozioni
non trovava parole per raccontarti
la mia storia di cui solo la fine immaginava.
A Neuengamme immaginavo mamma
seduta accanto a me e rammendare
quel pigiama a righe e darmi un bacio
prepararmi una zuppa di pane e latte.
Per giorni e giorni e mesi ancora
ho
sperato unvano d’abbracciarla
con voce soffocata la chiamavo.
In un istante ho rivissuto la mia vita
la gioia di stare a casa coi miei giochi
suonare il violino e ascoltare tanta
musica col camino acceso sorridendo
stretto stretto
tra le braccia di papà
l’arcobaleno della pace cercavo al confine
della disperazione facendo le capriole.
Cercavo le stelle tra le nubi sfilacciate
in quella notte di primavera
volevo abbracciarmi ai sogni
ma arrivò il boia e spense il mio respiro.
Eduard Hornemann
Mamma volevo rivederti
mi ha imbrogliato e Lexie ho trascinato
undici anni di gioia e poi l’inferno
crudele il destino per ogni stella gialla.
Nel dolore e nel fumo di un camino
sancita la separazione.
Mamma volevo baciare le tue mani premurose
prendere un tulipano nel giardino e
legarlo a un nastro rosso per donartelo
volevo diventare grande e contare rughe
e ancora rughe di saggezza sul tuo volto.
Mamma volevo correre
di qua e di là da medico
non ho potuto starti
accanto per l’ultima carezza.
il tifo ti aveva già portata
via e non me l’hanno detto.
Ero già orfano e non lo sapevo!
Un treno bello m’hanno fatto prendere
speravo di vederti e invece
inganni e ancora inganni!
Anche il babbo era salito
in Cielo e non me l’hanno detto!
Lui da Auschwitz a Dachau è andato
e poi in Marcia a Sachenhausen
e il freddo gelido
e la fame l’hanno attanagliato.
Mamma in questa notte maledetta ho visto tutto
e il sonno della morte stende il velo su di me.
Alexander Hornemann
Non ho avuto tempo di crescere
ed oggi tanti adolescenti
nel silenzio di un cortile
ricercano i passi miei dispersi
in fumo nello scontroso giorno
e il mio calvario e la mia mattanza.
La fame mi aveva fatto magro
sognavo di fare lo chef e aver le stelle
il cucchiaio di legno e il mio cappello
cantano sott’acqua e piangono coi bianchi tulipani
e lo sciabordio del vento al vecchio mulino si ferma.
La stella gialla portavo al petto con orgoglio
nelle notti di paura bagnavo il mio bel letto.
Per la furia improvvisa dei Nazisti da casa
un camion ci portò da Eindhoven a Vught.
Era il 3 giugno del 44 ed eravamo in 400.
Poi un viaggio e ancora un altro in treno
e turbato a morte persi il sorriso quando
il bacillo mi iniettarono con l’inganno
e la promessa di farmi vedere la mamma.
Ora posso solo chiedere a voi ragazzi
di vivere la vita che non vissi!
Roman Zeller
Poco importa dove sia nato
e non lo indovinerete mai
come il giorno del mio genetliaco.
Pensate solo che sia stato matto da legare
a fare il passo avanti.
Non ho potuto andare a scuola
e leggere i libri che riempivano
i miei sogni anche a Birkenau.
Una brutta foto sul marmo verde:
e sofferenza e sofferenza tanta!
Non volevo una piazza intitolata
volevo andare a scuola
camminare sotto il cielo blue pavone
volevo andare in giro per il mondo
con la barca a vela.
Volevo rivedere la mia mamma
andare a casa e tirare la coda del mio gatto
rincorrerlo col gomitolo di lana
stendermi sull'erba fresca e correre
verso il lago con l'aquilone colorato.
La scacchiera della mamma
a Birkenau ho lasciato
il cavallo nella tasca dei miei stracci
varcherà il cielo lontano senza sogni
la mia cenere sfarfalla all'alba
chiedendo una preghiera a te:
studia al posto mio
acchiappa il vento dell'amore
distruggi l'odio che ti sta intorno
raccogli le voci del Silenzio
e non dimenticare me e i tanti
la cui vita anzitempo e senza rughe fu spezzata.
Georges-Andrè Kohn
Bucce di patate ieri nell'immondezzaio cercavo
tra cenere e rifiuti per nutrirmi
insopportabile le strette di catene
io pezzo da soma il Rollwagen conducevo al crematorio.
Risa infantili voci intense e urla
al suono della campanella qui non odo.
Io, parente di un banchiere
lenzuola pulite e giocattoli più non ho.
Il freddo di novembre punge un cappotto mi sono preso
e delle scarpe nel tragitto e sembro un figurino d'altri tempi.
Chiudo gli occhi
vedo il cortile pieno di ragazzine con le trecce
mangiano dolci alla mia festa
scoppiano a ridere ed io mi sento un re.
Ahimè è solo un sogno!
Apro gli occhi e le bambine
qui non hanno trecce
rasate come me
con gli stracci addosso
sporche hanno fame e freddo
e macchiette di sangue delle cimici
e fanno solo smorfie di dolore
e zitte piangono.
Oggi SON FELICE
ho fatto un passo avanti
e fischia correndo il treno bello:
andrò a unirmi alla mia mamma!
Marek Steinbaum
Mamma ho fatto un passo avanti
ti ho vista solo salutarmi
da lontano e una musica
continua e lancinante
è il groppo in gola.
Mamma ho fatto un passo avanti
ma non sei qui accanto a me
a tirar fuori il fazzoletto
quando piango e a darmi un
bacio se la luce mi ferisce.
Mamma ho fatto un passo avanti
sono stanco e ho la febbre alta
vorrei giocare a carte con papà
intorno a me solo nuvole nere
e tanto freddo...
Mamma ho fatto un passo avanti
dove sei?
ho tanto sonno!
qualcuno borbotta una canzone
e sono al punto di non ritorno
"gli ordini sono ordini".
Mamma ho fatto un passo avanti
baci e abbracci
mando a te e a papà con la nera cenere
che dal camino uscendo in cielo scrive
Marek Steinbaum.
Sergio De Simone
Chiudo gli occhi perchè figlio dell'Ebrea.
Pezzo scaricato ad Auschwitz-Birkenau
il 4 aprile del '44 con l'arrivo del convoglio 25T.
Non sono più un bambino da quel giorno:
rasato sono diventato A179614.
Con me nella baracca c'erano le cuginette
simpatiche alla Kapò prima di uscire
nel cortile per l'appello
"Non muoverti" mi dissero.
Non ascoltai e l'angelo della morte
ha insudiciato il passo.
Restano le mie immagini al di là del filo.
Non ho avuto il tempo di fare lo sciuscià
lo scugnizzo con la faccia sporca
rincorso dai compagni per le strade.
L'Ebrea era la mamma per la nonna
e così un lungo viaggio
lontano dal profumo dei limoni
m'ha portato a Fiume.
Il pendolo ha fermato là il tempo della gioia
e alla Risiera di San Saba ha trascinato noi.
Volevo essere il bimbo sorridente di un dipinto
andare a scuola e leggere libri e ancora libri
riempire il tempo libero coi giochi all'aria aperta.
Volevo una casetta con due stanze e
acchiappare la farfalla nel nicchio della lampada
volevo giocare a dama con la mamma
mangiare pane burro e zucchero.
Volevo andare a mare, tuffarmi e divertirmi
calcolare la rotta di una nave
con la stagione avversa.
NIENTE per me di tutto questo!
Forse, voi che oggi a me pensate,
ricordate che ero bello e che la mamma
non ha voluto credere che fossi finito nel camino
sopraffatto dall'inganno dell'uomo nero nero
che mi ha fatto tanto tanto male.
Ricordatemi ogni tanto con una rosa bianca bianca
e quando a mare andate prendete un sassolino
e guardatelo ogni tanto
quando siete tristi o avete voglia di gridare UFFA!
Eduard Reichenbaum
Pensavo di afferrare tra le stelle la felicità
volevo entrare nel respiro dei pianeti
lanciare grida tra le fessure dello spazio cosmico.
"Gli ordini sono ordini"
è ciò che sento
e urla la mia mente ottenebrata
e dalla febbre lacerata.
Dove sono?
Non termina il dolore
palpita ancora il mio cuore
solo per poco e sono come
un aquilone strappato
disperso a mezz'aria
gettato nel forno
e uscito dal camino!
W. Junglieb
Non si sa nulla del mio genetlico
né il mio nome completo
e l’edera ricopre la lapide di marmo verde
nel giardino a Bullenhuser Damm.
Una belva mi è saltata addosso
criminale la cui anima suda di tristezza
ma quanti
teneri abbracci mi dona chi
venendo qui mette le mani in tasca
e nel silenzio
rose e ancora rose odora.
Di me devi parlare
di me non ti
dimenticare
per me devi combattere l’odio e l’indifferenza.
Le cose che non
feci devi fare
con la promessa
della tua farfalla.
Scrivi tante lettere leggi tanti libri
suona Chopin e gli spartiti carezze
di Angeli nel vento addolciranno le tue notti.
Lontano volerà la tua farfalla
carta leggera pregna di magia
cullandomi nell’aria e nella PACE.
Januz Korczak
Dottor Korczak è un film del ’90 sulla mia vita.
In ricordo del mio altruismo nel ghetto
di Varsavia e dei miei scritti di educatore
le Nazioni Unite hanno adottato
la Convenzione dei Diritti del Bambino.
La mia vita
luce sull’uomo e le sue fragilità
uomo che lotta per la dignità
non ha ancora il suo posto
negli scaffali della storia.
Ora porta il mio nome
la scuola di Bullenhuser Damm.
Qui la scultura è pesante
pregna di tremendum
piange pure la pietra:
l’uomo ha macchiato di sangue
l’arcobaleno dell’amore
quando a Treblinka nelle camere
a gas mi strappava alla vita
coi miei duecento fanciulli.